L’artista svizzera Sophie Ballmer firma il suo primo film documentario, La maison, che ha ricevuto negli scorsi giorni una menzione speciale nella categoria competizione nazionale, al Festival Vision du réel 2023 di Nyon.

La casa, le case, non sono solo luoghi di protezione, sono luoghi e spazi dove raccogliamo i ricordi di una vita, dove ogni mobile o oggetto ricorda eventi passati, persone di famiglia, parole, sorrisi, litigi, scenate.

Nella casa tutto parla, le tende, le piante, le finestre, e per anni le mura, gli interni e gli esterni, sono testimoni e protagonisti di una storia di famiglia.

In La maison, primo documentario di Sophie Ballmer, artista e regista svizzera originaria della Vallée de Joux, con alle spalle un Master in arti visive all’ECAL di Losanna, è raccontato tutto questo, tutta la malinconia di una casa ormai vuota di tutto (oggetti, suoni e persone) a causa del decesso dell’ultima persona che ci viveva.

La ristrutturazione di questa grande casa di campagna, ereditata da Tarik, il compagno della regista, sarà il motore della storia.

Archiviata la possibilità di venderla al prezzo più alto (e più sproporzionato) come è costume in questi ultimi decenni, i due si imbarcano in una ristrutturazione radicale, e non pragmatica, dell’edificio che ha un grande «potenziale».

Già, ma quale costo ha sfruttare questo potenziale in termini morali e economici? È proprio questo quello che vuole narrarci Sophie Ballmer. Con ironia, la regista filma tutte le fasi di questa complessa ristrutturazione, caratterizzata da numerose difficoltà: innanzitutto di tipo etico, provare a rinnovare la casa utilizzando prodotti che rispettino l’ambiente; di tipo tecnico, le migliori soluzioni per sfruttare al meglio il famoso potenziale della casa; e di tipo economico, saper stimare bene il costo di ogni lavoro per evitare di avere problemi finanziari.

In un processo di ristrutturazione lungo e tortuoso, di cui la coppia non ha esperienza, la scelta del materiale di costruzione si mescola con i sogni e i progetti dei due e del figlio in arrivo e, dopo mesi, la casa mai finita, mai completata, rischia di far sbriciolare a sua volta la giovane famiglia.

Il cantiere infinito de La maison, in cui si è distrutto, strappato e sradicato con forza e poi solo lentamente costruito e modificato, è l’occasione per riflettere sull’insuccesso, sul lavoro mai portato a termine, sulle scelte etiche e non che facciamo.

Una metafora esistenziale ben raccontata, in cui risuonano continuamente tra le mura spoglie della casa voci e ricordi del passato che non hanno più il loro spazio.