L’enfant prodige Lukas Dhont già premiato con Girl (2018), primo suo lungometraggio, con Close, in queste settimane nelle sale cinematografiche della Svizzera e dal 2023 anche in Italia, crea un film disarmante, per la delicatezza con cui racconta la caduta nel baratro di un giovane adolescente.

Dopo aver realizzato diversi cortometraggi, come Corps perdu e L’infini, il regista belga Lukas Dhont nel 2018 realizza il suo primo lungometraggio Girl, premiato a Cannes con la Caméra d’or; film che mostra subito di quale carisma e talento cinematografico sia dotato questo giovane classe 1991. Girl, in effetti, riceverà tanti consensi (e premi) per il modo in cui si racconta la storia di Lara, una giovane che vuole divenire una stella della danza classica e che, nel frattempo, ha intrapreso un percorso lungo e complesso per cambiare genere. La camera la seguirà proprio in questa fase di transizione, quando Lara, tra sorrisi e sbigottimenti continui, lotta ogni giorno per esaudire il suo desiderio più grande: diventare donna. C’è solo un problema, il suo corpo è maledettamente e costantemente troppo maschile.

Girl, in fondo, non si differenzia molto per impronta stilistica dall’altro recente lungometraggio di Dhont, Close, (il che è un pregio) film presentato quest’estate al Festival di Cannes e premiato con il Grand Prix.

Close è la storia di due tredicenni, amici per la pelle, fratelli, che vivono quasi in simbiosi le loro esistenze, tra giochi scoperte e momenti di grande intimità. Fino al giorno in cui i due cominciano la scuola e il giudizio degli altri incombe su di loro, annientando l’innocente rapporto. Basterà infatti una banale diceria, un commento superficiale a far vacillare Léo. “Saranno per caso in coppia quei due?” Si chiedono i loro coetanei. Léo, nel sospetto degli altri, comincia a balbettare, indugia, trema; nella nuova scuola Léo cercava consenso e invece si sente messo in discussione e così allontana l’ignaro Rémy, che non capisce e non accetta la fine della loro intimità e della loro fratellanza. Perché un fratello non si rinnega no? Eppure Léo lo farà. Ma questo è solo l’inizio del film: dal rinnegamento, che è sempre brutale, prenderà corpo tutta la storia.

Vi confesso qui che, per la prima volta, per raccontare Close, - ma lo stesso discorso varrebbe anche per Girl - mi mancano le parole, e questo perché le immagini, quell’indugiare a lungo, ma mai troppo, sui volti dei protagonisti, - la vera creazione di Dhont -, sono riuscite a raccontare un flusso di coscienza del non detto, fatto di sguardi, di smarrimenti e di solitudine. E sempre le immagini ci inchiodano all’evidenza di come ogni gesto possa avere delle conseguenze sugli altri, di chi giudica con leggerezza e di chi agisce maldestramente, per paura, per poi essere divorato dal senso di colpa.

Close, così come Girl, ci offrono un punto di vista diverso della nostra società, i protagonisti sono adolescenti liberi, allegri, puri, che vengono risucchiati dagli sguardi altrui, macchiati irrimediabilmente da quel perbenismo che è cultura in molti di noi. Non finiremo mai di scriverlo: Dhont e tanti artisti·e come lui, ancora una volta ci raccontano come la diversità spaventi, allontani e profani il pensiero degli altri, di quei tanti che creano, qualche volta anche in buona fede, tanta, ma proprio tanta, inutile sofferenza.

(Close (e Girl) da vedere).