Sarah Chiche è una scrittrice e psicoterapeuta francese, conosciuta in Francia per i libri L’Inachevée (Grasset, 2008) L’emprise (Grasset 2010) e Les Enténébrés (Seuil 2019). Con Saturne (Seuil 2020), romanzo autobiografico, l’autrice affronta un tema delicatissimo, quello della morte di un padre, il suo, e la scommessa, ardua, dopo aver elaborato un lutto difficilissimo per una persona sconosciuta, di ricominciare a vivere, con una consapevolezza diversa però.

Avere 15 mesi e non rivedere più il proprio padre. Avere 15 mesi e non essere presente nel momento in cui lui muore, e non esserci nemmeno quando tutta la famiglia è riunita per i funerali.

Saturne è la storia di una bambina che resta orfana di padre, che ha una madre bella, troppo bella e dannata, e una famiglia agiata che le costruirà, intorno a sé, un’incantevole gabbia dorata. Fino a quando, un giorno, tutto necessariamente crolla e la gabbia si apre.

 

«Ciò che le persone come me vivono è un'altra cosa. Per noi il tempo del lutto non finisce mai. Perché noi non vogliamo soprattutto che finisca. E non vogliamo la sua espulsione forzata» (Saturne).

 

Saturne è un libro che scrosta con energia quella terribile mancanza, quell’assenza insopportabile che per la protagonista c’è da sempre: tra le stanze della casa paterna, nelle foto sopra i mobili, nei racconti di famiglia liberati a labbra strette. Per la bambina, poi giovane donna, il padre è una persona sconosciuta, eppure desiderata follemente ogni giorno, in ogni momento. La perdita diventa baratro dove sprofondare, quando le relazioni familiari si faranno violente, false, intollerabili.

«Avevo promesso, a me stessa e ai miei morti» ci dice l’autrice, «di scrivere prima o poi la storia della mia famiglia, la storia dello splendore, di una grandeur che diventa decomposizione. Il racconto della creazione di un impero medicale costruito da mio nonno in Algeria, la guerra di indipendenza e l’esilio in Francia dove ricostruiscono, stavolta il nonno e lo zio, un altro impero, aprendo diverse cliniche private. Saturne è anche la storia di due figli maschi in disaccordo su tutto e di un castello in Normandia…».

Il libro narra, con spietata delicatezza, la sfida di questa bambina, sempre alla ricerca dell’amato padre, e di come questo amore naturale, maledetto, mai vissuto, esploda in tutta la sua devastante violenza, quando anche l’anziana nonna paterna morirà. Qualcosa si rompe di nuovo.

L’immagine della nonna che aspetta, per anni, la nipote prediletta, che l’aspetta anche sul letto di morte, trafigge; lei però non arriverà. «La presenza di questa nonna era insopportabile da viva. Da morta, anche la sua assenza era diventata insopportabile», ci dice ancora Sarah Chiche.

Un romanzo liberatorio? «Non direi», «ho scritto questo libro dopo la malattia, dopo la depressione. Questo era il libro che avevo sognato di scrivere per anni. Sapevo che un giorno avrei dovuto raccontare tutto ciò».

Un lutto che diventa possibilità, che diventa un altro modo di amare, di sentire vicina una persona cara. È quello che succede alla protagonista, un semplice ricordo di famiglia, vero e puro, le darà la forza di trasformare un’assenza in presenza.

La scrittura di Sarah Chiche in Saturne, dall’inizio alla fine, è impietosa, fredda, lucida, e riesce a toccare corde a noi sconosciute. Aggroviglia le nostre paure, le incendia, poi ci dà uno schiaffo ed è come se ci dicesse: «Adesso alzati, esci e vivi a perdifiato».

 

Di Saturne di Sarah Chiche, ne avevamo già parlato seguendo la manifestazione: Les livres sur le quais 2020 di Morges:

http://www.caos-cultura.ch/index.php/letteratura/18-scommessa-vinta-a-morges-di-nuovo-libri-e-incontri

Consigli di lettura

  • Una famiglia del Nord Italia, tra l’inizio di un secolo e l’avvento di un altro, una metamorfosi continua tra esodo e deriva, dalle montagne alla pianura, dal borgo alla periferia, dai campi alle fabbriche. Il tempo che scorre, il passato che tesse il destino, la nebbia che sale dal futuro; in mezzo un presente che sembra durare per sempre e che è l’unico orizzonte visibile, teatro delle possibilità e gabbia dei desideri.

  • Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant'anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontarle la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e di Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza. Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come un dono.