Munnu ha stato e munnu è, Mondo è stato e mondo è, recita un antico proverbio. Ma com’è possibile che i siciliani nel loro linguaggio non posseggano l’idea di futuro? In loro è insita la convinzione che nulla possa cambiare, che nel bene e nel male tutto andrà per come è sempre andato. E su questo presupposto, pensano, agiscono, vivono.
Questo concetto è ben espresso nel libro Mondo è stato di Michele Burgio, edito da Le Dalie Nere – Ianieri Edizioni.
Burgio ambienta il suo giallo a Serrapriola, un paese immaginario, ma non troppo, in quanto ricalca dal punto di vista geografico e non solo i tipici paesini dell’entroterra siciliano. Un paese di misteri, segreti e sotterfugi, che si dipanano tra la piazza, la chiesa, la caserma, le campagne. Un paese dalle mille contraddizioni, in cui convivono l’onestà e il malaffare, la devozione a Dio e la devozione a un “Don”, l’amicizia vera e quella per interesse, la ricerca della verità da parte di alcuni e il sabotaggio della stessa da parte di altri, lo Stato e l’antistato.
A turbare la quiete di Serrapriola due fatti significativi, che sconvolgono l’intera comunità: la scomparsa di Luca D’Avola, un adolescente appartenente alla combriccola de “I Megli”, e la mancata esposizione di un crocifisso di valore presso la chiesa della Madonna del Carmelo dopo un ipotetico restauro.
I due eventi apparentemente slegati tra di loro e differenti per livello di gravità, in realtà, nascondono intrecci e nessi impensabili. Ma chi si cela dietro tutto ciò? Degli insospettabili uomini delle istituzioni, che avrebbero dovuto comportarsi, per il potere detenuto, nella massima correttezza, in nome della legge e della giustizia terrena e divina. E invece, per non dispiacere uomini d’onore e non far gridare allo scandalo, manipolano la verità agendo senza scrupoli e senza dignità.
Ma in paese non si respira soltanto il puzzo della mafia, della collusione, della corruzione, della pedofilia; l’odore del basilico, delle melanzane fritte, del cartoccio alla ricotta, dei fiori di tiglio e di gelsomino inondano le strade e le vie, rendendo meno acre quell’amara realtà.
Le vicende sono molto intriganti e tengono il lettore con il fiato sospeso e un sorriso sulle labbra, senza mai scadere nella banalità. La caratterizzazione dei personaggi è molto accurata: “I Megli”, la zia Nannina, padre Ramacca, don Scuderi, il maresciallo Maira e il sostituto procuratore Ammirata sono descritti così minuziosamente da essere percepiti come propri compaesani, come i vicini della porta accanto di cui si conoscono vizi e virtù, i quali tengono vivo il paese, ma allo stesso tempo, alcuni di loro, lo espongono alla morte dei valori.
Il testo scorrevole e ricco di metafore e similitudini e il linguaggio curato e forbito consentono al lettore di non distaccarsi facilmente dalla lettura e di crearsi immagini mentali chiare e nitide dei luoghi, dei protagonisti e degli eventi.
Come scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi”, anche a Serrapriola tutto resta immutato e immutabile, nessuno ha voglia di migliorarsi e di cambiare il corso degli eventi anche per giuste cause. In ognuno di loro alberga un modus vivendi che fa leva sul compromesso, sul silenzio, sullo spirito di rassegnazione, a discapito della forza del cambiamento, della sana ribellione allo status quo, della ferrea volontà di voler costruire il “munnu che sarà” su presupposti nuovi, ma con i valori di sempre.