Nella foto Nava Ebrahimi © Clara Wildberger

Nava Ebrahimi ha scritto un bellissimo romanzo d’esordio, Sedici parole, pubblicato da Keller editore, con la traduzione dal tedesco di Angela Lorenzini. La protagonista è Mona, una ragazza che vive e lavora in Germania, di origini iraniane. Alla morte della nonna, Mona torna in Iran, e qui cominciano gli stridóri ma anche l’esplosione di tante emozioni rimaste congelate per anni. Così come le parole. Sedici in particolare.

«Non riuscivo a difendermi, le parole tornavano sempre di nuovo a impormi il loro messaggio: qui c’è ancora un’altra lingua, la tua lingua madre, non credere che quella che parli sia davvero la tua. Finivo regolarmente nelle loro mani, ostaggio di queste parole che non avevano niente a che fare con la mia vita, con il modo con cui ogni giorno apro il lucchetto della bici, ordino da mangiare al ristorante oppure, in primavera, ripongo il vestiario invernale».

 

Sedici parole, ognuna di esse è utilizzata in un capitolo, ed è spesso legata ad un episodio dell’infanzia di Mona, la protagonista del libro, e sua nonna; sedici parole per sedici capitoli, che tessono tutte insieme un romanzo delicato, profondo e difforme. Ogni parola nella storia di Mona è legata all’Iran, - paese dove la giovane donna non vive più e dove invece la nonna ha sempre vissuto - , soprattutto alla lingua e alle tradizioni culturali di questo paese. Le sedici parole diventano una sorta di testamento postumo di una nonna, amata e solo in parte ripudiata, esuberante e tradizionale, ma anche sboccata e volgare.

Alla morte della nonna, Mona e sua madre, arrivano in tutta fretta dalla Germania. Nella stanza spoglia, nelle ore che passano lente, Mona ripensa inevitabilmente alla sua infanzia, come spesso succede in queste occasioni. La veglia è la circostanza perfetta per far stridere i ricordi di un tempo passato, con la vita moderna ed occidentale che le due donne ormai da anni conducono in Europa. In un risucchio tra tradizione e contemporaneità a cui tutti i migranti e le migranti sono condannati.

Nava Ebrahimi accompagna il lettore in questa storia intima nella quale però moltissimi di noi possono riconoscersi e immedesimarsi, una storia di ricordi di famiglia ma anche di scoperte sorprendenti, i famosi e immancabili segreti, di famiglia. Sedici parole è anche una storia di donne, che si accompagnano, bene o male, tra silenzi e segreti inconfessabili da una generazione all’altra, e in cui l’emancipazione si paga a caro prezzo, perché si sente sempre il peso delle radici.

L’Iran, nel testo, è un paesaggio bellissimo, raccontato con tutte le sue contraddizioni: da un lato ci sono i monumenti e i palazzi incantevoli di un tempo che fu, dall'altro la decadenza culturale e l’oppressione dell’oggi.

Le sedici parole di Nava Ebrahimi: Maman bozorg, Khastegar, Kos e tutte le altre, ci regalano un universo familiare fatto di emozioni e ricordi ma anche un microcosmo culturale di una comunità, che Mona vuole preservare ma anche trasformare, in quanto donna dell'oggi.

 

Nava Ebrahimi è nata a Teheran nel 1978. Ha studiato Giornalismo ed Economia a Colonia. Ha lavorato per il Financial Times Deutschland e come consulente per il Medio Oriente del German Office for Foreign Trade. Ha pubblicato racconti e romanzi, lavora come sceneggiatrice e vive a Graz.

Consigli di lettura

  • Una famiglia del Nord Italia, tra l’inizio di un secolo e l’avvento di un altro, una metamorfosi continua tra esodo e deriva, dalle montagne alla pianura, dal borgo alla periferia, dai campi alle fabbriche. Il tempo che scorre, il passato che tesse il destino, la nebbia che sale dal futuro; in mezzo un presente che sembra durare per sempre e che è l’unico orizzonte visibile, teatro delle possibilità e gabbia dei desideri.

  • Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant'anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontarle la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e di Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza. Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come un dono.