nella foto Doris, una delle protagoniste © Martino Di Silvestro

Giovedì 11 maggio alle ore 19, presso la Società Dante Alighieri di Ginevra, l’associazione Cultura Italia – sans frontières, invita Katia Tamburello a presentare il suo libro Ti aspetto sotto casa mia a Ginevra e dintorni. 7 storie di donne (stra)ordinarie che vivono nella città elvetica, con fotografie di Martino Di Silvestro (Antipodes, 2021).

Katia Tamburello, nata nel 1975, autrice palermitana residente nella Svizzera francese dal 2008, docente di italiano presso il liceo di Morges, ex giornalista presso il Giornale del popolo di Lugano e il sito di teatro https://www.klpteatro.it/, ha già pubblicato il romanzo Dio ed Eva (Quaderni Di Luvi, 2004).

Il suo secondo libro, Ti aspetto sotto casa mia a Ginevra e dintorni, non è una fiction, ma una raccolta di interviste che hanno in comune l’ambientazione nella città svizzera, raccontata da sette sue abitanti, di generazioni diverse. Le donne svizzere sono due, le altre vengono dal Congo, dall’Armenia, dalla Cina, dall’Italia e dalla Romania e abitano in diverse zone, più abbienti o invece disagiate. Ginevra non appare solo o tanto la sede di banche o di importanti organizzazioni internazionali, quanto un crogiolo di Paesi e culture. È una piccola New York, una babele in cui «ci sono tutti i colori, tutti gli odori, tutte le lingue».

Le parole di queste donne comuni, spesso colpite dal dolore, da violenze e lutti familiari, si concentrano sul particolare, sul quartiere e da lì offrono uno spaccato sulla Svizzera intera e sul mondo (il genocidio armeno, il Comunismo e la strage di piazza Tienanmen, la dittatura di Ceaușescu, eventi che hanno segnato le vite degli individui, costringendoli non di rado a fuggire).

L’ottima scelta di Ginevra come punto di osservazione permette di riflettere sull’immigrazione che offre a tanti l’opportunità di una vita migliore, per questioni economiche e di sicurezza. La Svizzera, come dichiara orgogliosa l’elvetica Claremonde: «È uno Stato di grande civiltà, i cui abitanti hanno votato per referendum l’aumento delle tasse, suscitando l’ilarità dei vicini francesi».

Eppure, non sempre ricchezza è sinonimo di felicità, come Katia Tamburello riesce a far ammettere all’intervistata: «Sembra quasi che l’avere tutto non ci faccia più gioire di niente».

Chi arriva viene fatto sentire diverso e l’esilio fa sì che l’immigrato si trovi un uno scomodo entre-deux, senza sapere più dov’è casa: «In Svizzera di solito sono la congolese, in Congo la svizzera», confessa Christelle. Inoltre, integrazione tende a confondersi con assimilazione e la controparte dell’ordine e dell’efficienza svizzeri sono la freddezza e l’eccesso di controllo: «In Svizzera, anche se non sembra, c’è sempre qualcuno che ti controlla e che è pronto a denunciarti, se sbagli», secondo la cinese Grace.

L’interesse del libro consiste nella capacità di cogliere con acume i lati nascosti di Ginevra e della Svizzera, come suggerisce anche il ritratto di copertina, che mostra l’unica donna a celare il proprio volto. Il ritmo della parola è lento, una lentezza che non è noia ma respiro rilassato del camminare. Controcorrente, in un’epoca segnata dal Covid in cui gli scrittori tendono a rivolgere lo sguardo verso il proprio ombelico, Katia Tamburello sa ascoltare l’altro, con delicatezza e rispetto, accettando di mettersi sempre più in gioco in prima persona, fino a culminare nella voce più interessante, l’ultima, della regista di teatro Doris, in cui l’ordine precostituito delle domande lascia il posto all’improvvisazione grazie alla grande sintonia fra le due donne. Il libro meriterebbe una traduzione in lingua francese, in modo tale che non si parli solo fra stranieri e che l’autoctono apra più facilmente la propria porta di casa, perché in questo Paese «è raro che qualcuno ti inviti a mangiare a casa sua», come confida l’armena Karine.

 

Il progetto prima della pubblicazione è stato sostenuto da Double-Migros, Katia Tamburello era in binomio con Yari Bernasconi.

 

 

Consigli di lettura

  • Una famiglia del Nord Italia, tra l’inizio di un secolo e l’avvento di un altro, una metamorfosi continua tra esodo e deriva, dalle montagne alla pianura, dal borgo alla periferia, dai campi alle fabbriche. Il tempo che scorre, il passato che tesse il destino, la nebbia che sale dal futuro; in mezzo un presente che sembra durare per sempre e che è l’unico orizzonte visibile, teatro delle possibilità e gabbia dei desideri.

  • Daria è la figlia, il cui destino è segnato sin dalla nascita da una mancata diagnosi. Ada è la madre, che sulla soglia dei cinquant'anni scopre di essersi ammalata. Questa scoperta diventa occasione per lei di rivolgersi direttamente alla figlia e raccontarle la loro storia. Tutto passa attraverso i corpi di Ada e di Daria: fatiche quotidiane, rabbia, segreti, ma anche gioie inaspettate e momenti di infinita tenerezza. Le parole attraversano il tempo, in un costante intreccio tra passato e presente. Un racconto di straordinaria forza e verità, in cui ogni istante vissuto è offerto al lettore come un dono.